“Prima c’era la Gigia, ora c’è Penny - Mezzo secolo di viaggi d’ogni tipo... e anche altri racconti”; Giorgio Càeran – ‘Youcanprint’ – 2024 o 2025 (?) – 576 pagine – formato cm 17 x 24 con le alette larghe 9 cm. &&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&& &&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&

mercoledì 21 agosto 2024

Biografia

Era domenica 18 maggio del 1952, poco prima di mezzogiorno di un anno bisestile, quando venni al mondo a Cermenate (in provincia di Como, circa trenta chilometri da Milano). I miei genitori mi hanno affibbiato il nome Giorgio Caeran e me lo tengo, anche se poi io ci ho aggiunto l’accento tonico sulla prima vocale per distinguermi dalle origini paterne (venete) a quelle dove sono cresciuto. Una curiosità: anche mia figlia è nata di domenica in un anno bisestile e del resto lì ci sbatto spesso, sposandomi pure in un anno bisesto ma con una chicca in più… ossia facendolo in un giovedì 16 luglio. Avrei tanto voluto sfidare la sorte sposandomi il giorno dopo, ma sarebbe stato osare troppo anche per uno non superstizioso come me. A ogni buon conto, dal 1980 non vivo più nel mio paese nativo ma a Milano, dove sono anche diventato padre.

Ho pubblicato sei libri: “La via delle Indie in Vespa” (1983, 224 pagine – Edizioni Càeran, con la prefazione di Armando Boscolo che all’epoca era Direttore della rivista ‘Motociclismo’); “Giramondo libero - In viaggio con la Vespa o con lo zaino” (2006, 384 pagine – Giorgio Nada Editore, con la prefazione di Sergio Stocchi); “È meglio che vada sulle vie del mondo - Dalla Vespa allo zaino, dal sacco a pelo al trolley” (2020, 540 pagine – Aletheia Editore); “Una Vespa, uno zaino, un sacco a pelo, un viaggio” (2020, 280 pagine – Libreria Editrice Urso); “Papà, andiamo a Santiago? - Padre e figlia sul Cammino Portoghese” (2021, 160 pagine tutte a colori – Libreria Editrice Urso, con la prefazione di Luca Gianotti, guida di viaggi a piedi e tra i fondatori della Compagnia dei Cammini); “Mezzo secolo rincorrendo il mondo - Nei viaggi la Vespa fu il primo amore… poi venne il resto” (2022, 552 pagine – Libreria Editrice Urso, con le prefazioni di Riccardo Costagliola, Presidente Fondazione Piaggio e quindi del Museo Piaggio, e ancora di Luca Gianotti); e la 2ª edizione  di “Mezzo secolo rincorrendo il mondo - Nei viaggi la Vespa fu il primo amore… poi venne il resto” (2023, 568 pagine – Youcanprint).

Sia Giramondo libero - In viaggio con la Vespa o con lo zaino sia Una Vespa, uno zaino, un sacco a pelo, un viaggio sia anche Mezzo secolo rincorrendo il mondo - Nei viaggi la Vespa fu il primo amore… poi venne il resto li ho impaginati io, con la differenza che per il primo ho fatto tutto tranne la copertina… mentre per il secondo e il terzo pure quella. Anche se per la copertina dell’ultimo è stato determinante l’aiuto di mia moglie Marika (ex grafica editoriale).

Riguardo invece a Papà, andiamo a Santiago? - Padre e figlia sul Cammino Portoghese, l’impaginazione la fece mia moglie nel 2014, solo che all’inizio del 2021 l’ho ritoccata io poiché è stato cambiato il formato, passando da cm 14 x 21 a 15 x 21. C’è da aggiungere che nel 2014 si fece un inutile e-book di questo libro, mentre a marzo 2021 è diventato finalmente cartaceo.

E adesso? Beh, con i libri ho chiuso: non ne pubblicherò altri, o meglio… avrei a cuore di farne un’altra riedizione del mio ultimo libro che grosso modo sarà uguale al precedente pubblicato nel dicembre 2023, ma con 572 pagine (4 in più dell’altro) e che mi costringerà a modificare il titolo in “Prima c’era la Gigia, ora c’è Penny - Mezzo secolo di viaggi d’ogni tipo... e anche altri racconti”. Per farlo, però, in questo caso è fondamentale trovare uno Sponsor.

 

 

E ora una riflessione

Si è giovani finché si è capaci d’imparare, dice un vecchio detto che io ho preso alla lettera perché amo imparare… tuttora. Non penso di dire una cacchiata quando sostengo che oggi io scriva meglio (e non di poco) rispetto ad anni fa. Sono dell’idea che la mente vada sempre tenuta in allenamento, ed è un grosso errore smettere di farlo dopo il percorso scolastico perché altrimenti si rischia che poi affiori qualche nuova lacuna che magari prima era sconosciuta. La mente è come il corpo umano: entrambe le cose se non sono stimolate s’impigriscono e perdono di efficienza.

Mi sorge un dubbio, riflettendo su un pensiero di Bertrand Russell quando dice che una delle caratteristiche sgradevoli del nostro tempo è che chi si sente sicuro di sé è stupido, e chi ha immaginazione e comprensione è pieno di dubbi e indecisione.

Sono sempre troppo in anticipo o troppo in ritardo; il risultato non cambia. Ma mi si permetta di dire che vado avanti per la mia strada, con ostinazione e con fierezza. Non seguo le mode, nemmeno nella scrittura o nello star dietro al mondo vespistico; non ho mai avuto né vestiti firmati né macchine nuove, so vivere senza grosse pretese e mi annoia ripetere le stesse cose all’infinito. Non mi sono mai tinto i capelli o fatto ricorso alla chirurgia estetica, invecchio tra i miei sorrisi e le mie tristezze. Vivo della mia storia. Leggo, scrivo, rifletto e imparo (quando ci riesco). Sto tra le mie àncore, poche. E a volte mi sembra tutto; sul lungomare, sul lungofiume, o su sentieri di montagna e di campagna.

Forse, con il senno del poi, certe mie scelte esistenziali avrebbero potuto essere diverse, ma l’importante è riconoscersi nel proprio vissuto. E non smettere mai di cercare perché nella vita bisogna cercare qualcosa, l’importante è non trovarla (non ricordo chi l’abbia detto, ma condivido in toto). A volte la vita ha delle similitudini con il viaggio e, su questo punto di congiunzione, ritengo che alla fin fine la strada è ciò che più conta e non occorre preoccuparsi di dove si stia andando: non è neppure determinante arrivare alla meta prefissata. Stando sulla stessa lunghezza d’onda di Robert Maynard Pirsig, anch’io penso che raggiungere certi traguardi soltanto per dimostrare la propria bravura è una vittoria misera che porta poi a essere condannati nell’aderire per sempre a una falsa immagine di sé stessi, ossessionati dal timore che qualcuno lo scopra. Nel fare certi viaggi rocamboleschi non si deve dimostrare niente a nessuno, ma vanno affrontati innanzi tutto per appagare (e placare) le proprie esigenze interiori.

È con questo spirito che mi sono mosso sulle vie del mondo: per dirla alla Nanni Moretti, ho girato, visto gente, conosciuto e fatto cose. Anche cose che mi auguro dureranno nel tempo, oltre lo spazio dei miei anni. Eppure, non mi va di vivere di ricordi perché a me interessa il presente, più del passato che ben conosco.

Passo, almeno in parte, il testimone. Un giorno dovremo per forza lasciare ciò che ci è stato dato, ciò che abbiamo trovato e ciò che abbiamo creato, ma dobbiamo dapprima lasciarlo andare. Sono disinteressato all’attaccamento delle cose, al senso del possesso: sono fatto così e non mi pongo il quesito se ciò sia un bene o un male perché non m’importa. Come non m’importa collezionare scooter antichi (e ingombranti) solo per tenerli in bella mostra, seppur non funzionano. Io voglio motocicli vivi, da poter ancora usare, mentre per quelli morti è meglio che vada a vederli altrove.

Concludo con una frase che Jerome David Salinger fa dire al protagonista del suo “Il giovane Holden” (un libro del 1951, ormai catalogato come un capolavoro immortale), e che ogni autore di racconti si augura che gli succeda: Quelli che mi lasciano proprio senza fiato sono i libri che quando li hai finiti di leggere e tutto quel che segue vorresti che l’autore fosse tuo amico per la pelle e poterlo chiamare al telefono tutte le volte che ti gira.

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